mercoledì 10 febbraio 2016

La paura, la solitudine, la diversità


2 commenti:


  1. Commento a “Non avere paura”

    Anni fa ho vissuto un momento di forte stress. Mi sentivo sola, di fronte a un futuro pieno di incognite e con un corpo malato. Ci sono dei momenti nella vita in cui ti senti solo, anche se hai l’affetto di chi ti ama. E’ forse la sensazione di trovarsi di fronte a un bivio, e che le forze, quelle vere, le puoi tirare fuori solo tu.
    In quel momento, una penna mi è stata d’aiuto. Mi è stata amica, confidente, presenza piccola e silenziosa. La penna ha mosso la mia mano, ha richiamato i miei pensieri, uno ad uno, da stanze remote in cui erano rinchiusi. Ha fatto aprire le finestre di quelle stanze, dando voce alle inquietudini, alle fragilità, alle paure, dandomi nuova linfa, nuova energia.
    Le cure mediche sono servite, certo. Quelle per l’anima, oltre all’amore di chi mi era accanto, le ha fornite quella penna. Una penna magica.
    Ecco, il percorso di conoscenza di me stessa attraverso la scrittura è iniziato da lì, da una stanza buia, piena di paure e di dolore, e da quella penna, che oggi è ancora qui, con me, non l’ho abbandonata. Non si abbandona chi ti ha salvato una volta.
    Mi piacerebbe che salvasse anche altri.

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  2. Racconto nato dopo la visita ad un'anziana in una casa di riposo.

    I GERANI ALLE FINESTRE


    Non essere preparati. Arrivare pur sapendo che più o meno le cose non vanno bene, che gli anni sono quelli, che i segni della demenza senile ci sono, che forse le cose possono evolvere al peggio.
    Essere preparati con le parole, consuete in questa occasione, possibilmente rassicuranti. Arrivare con la vita dietro, la vita fatta di tante piccole cose: una passeggiata in un parco, il cappuccino e la brioche, le vetrine che espongono gli ultimi capi alla moda, l’odore di aglio e pomodoro che esce da certe finestre, all’ora di pranzo.
    Arrivare ed accorgersi che le parole, e il bagaglio portato, quasi di protezione perché fa parte della propria vita, non bastano, non servono. Perché lei è lì, povera donna, in una casa di riposo ridotta ad una larva.
    La casa di riposo sembra un albergo tre stelle, potrebbe esserlo anche di quattro, i colori sono riposanti, tutto è lindo e pulito, nei muri sono appesi dei fogli in cui si illustrano le attività di cui possono usufruire gli anziani, stralci di vita che qualcuno ha pensato di portare dentro, anche per giustificare la retta niente affatto economica.
    La donna, l’anziana, la lontana parente, è assente: sorride, forse capisce, qualcosa capisce, ma è sulla sedia a rotelle per via di una caduta e data la sua età è difficilmente operabile, e poi non si capisce bene, si devono sentire i dottori, le cose vanno per le lunghe. Non c’è più niente di lei nella donna che era: né il volto pallido né i capelli completamente bianchi e tagliati alla meglio.
    C’era il mare, una volta. Il mare della Liguria in una casa che guardava una piazza, in cui la vita si animava, e ogni passeggiata era un tripudio di profumi e di colori. Le gioie che la Liguria sa dare. Il mare blu, gli scogli e la schiuma bianca, i gerani alle finestre che scendevano dai balconi, fiori in mezzo a tanti altri fiori, fiori e sole, sole e panchine che guardano il mare, mentre i tramonti diventano l’arancione con qualche barca in lontananza, arancione, bianco, nero.
    C’era una donna bella, un tempo. Molto bella e piena di vita, attenta all’eleganza, che comunque le veniva naturale. I capelli biondi, curati, la semplicità dei modi che la faceva sentire sempre gradevole, rilassante come persona. Bellezza, voce calda, voce rara.
    Quella voce è rimasta. Sembra di riconoscerla solo da questo. Lo scempio del tempo, la malattia, il lutto in cui vive da anni da quando è morto il marito, le hanno risparmiato la bellissima voce. E’ ancora la sua. Quella no, non è stata intaccata.
    Le parole non bastano. Quelle conosciute, almeno. Cosa c’è da dire? Quello che sembra un albergo quattro stelle è un posto dove si viene a morire. Moriranno tutti, forse entro breve, gli anziani ridotti in modo indecente. Sembrano quasi spettri.
    La vita è là fuori. Si ha voglia di vita, di andarsene, si spera di non finire mai così, in un posto simile, di morire in un altro modo. E mentre si guarda, lei sorride, quasi nel suo mondo dove ogni cosa ha un’altra connotazione. Forse certe malattie non fanno rendere presenti di cosa accade al proprio corpo, quasi fosse un ulteriore dolore risparmiato.
    La vita è altrove. E’ accanto a noi, e non ce ne accorgiamo. I gerani alle finestre: li guardavamo, io e lei, belli, belli, li devo comprare anch’io, diceva.
    L’uscita è aria, respiro profondo. No, non si è preparati a certe cose. Le margherite nei prati ora sembrano diverse, le vedo, sono stupende.

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